di Sara Bernardi, Musicoterapeuta
Sin dall’antichità la musica è stata usata come strumento terapeutico. Miti e racconti sul potere di guarigione del suono sono numerosi in molte culture: troviamo un primo esempio nel Vecchio Testamento, i cui protagonisti sono le figure bibliche di Davide e Saul. In questo racconto, Saul viene impossessato da uno spirito maligno; quando peggiorò e la malattia si fece più veemente, Davide, apprezzato musicista, fu chiamato al suo cospetto per aiutarlo a combattere la malattia demoniaca con la sua arpa e la sua lira.
“E ogni volta che lo spirito malvagio affliggeva Saul, Davide prendeva l’arpa e suonava. Saul così si riprendeva, si calmava, stava meglio e lo spirito cattivo si ritirava da lui”.
A prescindere dalle controversie sulla natura della malattia (che comunque concordano sull’aspetto “melanconico”) e sul suo sviluppo, è abbastanza evidente come, in questo episodio, Davide investa il ruolo di musicoterapeuta che cerca di alleviare le sofferenze psichiche di Saul con la sua musica.
Le prime culture associavano allo stato di malattia la presenza di spiriti maligni che dovevano essere scacciati dal corpo e dalla mente del malato. Per farlo il sacerdote medico (lo sciamano) utilizzava canzoni e melodie ritmiche accompagnate, spesso, dal suono di zucche vuote o tamburi percossi. La convinzione, in origine, era che la musica avesse un potere incantatorio sulla parte irrazionale dell’uomo, potere che procurava benessere e che, nei casi di malattia, poteva ricostituire l’armonia perduta.
La cultura greca poneva la musica al centro della vita sociale, e religiosa. I greci, infatti, ritenevano che la musica fosse la medicina dell’anima, tanto che i ragazzi fin dalla più tenera età erano guidati nello studio della musica.
Nella culture occidentali era fortemente presente una tradizione secondo la quale musica e salute erano strettamente correlate. Pensiamo, ad esempio, alla scienza medica greca, o al filosofo Pitagora, il quale attraverso un strumento musicale da lui creato chiamato “monocordo”, sperimentava la relazione fra la vibrazione delle note e la coscienza umana.
Ippocrate trovava una positiva influenza della musica sui quattro temperamenti: sangue, flegma, blie gialla e bile nera che, tradotti in stadi d’animo, si identificano rispettivamente con : rubicondo, sereno, irascibile, malinconico.
Platone ne “La Repubblica” afferma che specifiche melodie stimolano determinati stati d’animo. Aristotele credeva nel potere catartico, liberatorio e purificatore della musica e ne sosteneva i benefici relativi alle tensioni psichiche.
Ancora, nel trattato “De Medicina”, il medico e filosofo Celso raccomanda l’utilizzo della musica e dei suoni per alleviare le sofferenze dei pazienti con disturbo depressivo.
Anche in Oriente il potere terapeutico della musica non poteva passare inosservato, in particolare in Cina, dove il primo libro scoperto di medicina era al contempo un libro di musica. Nello stesso periodo storico gli Arabi studiavano il flauto come mezzo terapeutico e lo usavano per curare i disturbi mentali.
Troviamo esempi di musica curativa anche nel Medioevo. Il più famoso nella Divina Commedia, quando Dante incontra nel Purgatorio il musico Casella, che aveva intonato le sue canzoni, per ricordare l’effetto benefico che gli veniva dal suo canto.
Dobbiamo attendere il 1700 per assistere alla stesura del primo trattato di musicoterapia a cura del medico londinese R. Brochiensby. È in questo periodo che la disciplina inizia ad acquistare una certa valenza scientifica.
A questo seguirono i lavori di molti altri tra medici (Roger, Linchental, Chomet, Tissot), psicologi e psichiatri (Esquirol, Stumpf). L’idea ormai comune era che la musica, pur non avendo una valenza medica diretta, rappresentasse un importante strumento di supporto alla medicina.
Già dal 1891 in Inghilterra si cominciò ad utilizzare la musica nelle corsie ospedaliere per calmare i pazienti e allo stesso modo fu poi utilizzata nei campi di degenza americani durante la seconda guerra mondiale (e poi anche in Vietnam). In questa particolare circostanza si creò, quasi spontaneamente, una figura specializzata che sarebbe in seguito diventata quella dell’attuale musicoterapeuta.
Nel 1919, presso la Columbia University (USA) fu istituito il primo corso non ufficiale di musicoterapia, seguito nel 1944 da un corso quadriennale di specializzazione presso l’Università del Michigan, fino a giungere all’istituzione del primo corso ufficiale di musicoterapia presso l’Università del Kansas, nel 1946. Dal 1950 in poi, sia negli Stati Uniti sia in Europa iniziarono a nascere diverse associazioni e società nazionali di musicoterapia che, nel 1985 si disciplinarono con la fondazione della World Federation of Music Therapy (WFMT), ancora oggi attivo organismo di controllo internazionale della musicoterapia.
Oggi la musicoterapia è riconosciuta come professione sanitaria in molti paesi e vanta una vasta gamma di ambiti applicativi. I tre grandi gruppi in cui si possono sintetizzare e che approfondiremo nel prossimo articolo sono: preventivo, riabilitativo e terapeutico.