di Federica De Nunzio, Psicologa Psicoterapeuta, Terapeuta EMDR
e Giuseppe Massaro, Psicologo Psicoterapeuta, Terapeuta EMDR
“Penso che quest’uomo stia soffrendo a causa dei suoi ricordi” Sigmund Freud, 1895
La parola trauma deriva dal greco e vuol dire ferita. In questa prospettiva, possiamo quindi pensare al trauma non soltanto in riferimento a situazioni estreme, ma anche in riferimento a qualsiasi evento che abbia un effetto negativo perturbante sul sé o sulla psiche di un individuo.
Quindi, ad esempio, anche se un’umiliazione subìta alle scuole medie potrebbe non essere considerata come “trauma” per la diagnosi di Disturbo post traumatico da stress (PTSD), a livello emotivo tale evento può essere considerato l’equivalente evoluzionistico di venir tagliato fuori dal gruppo di appartenenza, e come tale può essere devastante e lasciare effetti traumatici duraturi.
Nel corso degli ultimi anni, numerosi studi hanno dimostrato come gli eventi di vita avversi, soprattutto in infanzia, possono portare allo stesso numero, o a un numero maggiore, di sintomi relativi al Disturbo post-traumatico da stress rispetto a quanto fanno gli eventi traumatici di grande portata, causando disagi e difficoltà in numerosi ambiti della vita.
Da uno studio effettuato su più di 17.000 pazienti (Felitti el al., 1998) è emerso che maggiore era il numero di esperienze infantili avverse, maggiore era la probabilità di sviluppare problemi relativi alla salute mentale, come alcolismo, abuso di droghe, depressione, così come problemi di salute organici (per esempio disturbi al cuore, al fegato e ai polmoni, tumori e fratture ossee).
La ricerca ha continuato a fornire prove a sostegno degli effetti negativi delle esperienze infantili avverse, mostrando per esempio che, al di là dell’aver subito veri e propri abusi o dell’aver assistito a violenza domestica:
Le ricerche dimostrano come gli effetti di tali esperienze avverse infantili possano essere profondi e duraturi; la causa di tali effetti risiede nella mancata elaborazione dei ricordi relativi a tali eventi, che dunque restano immagazzinati insieme agli elementi cognitivi, emotivi e somatici così come sono stati esperiti originariamente dall’individuo.
Ma cosa si intende per esperienze infantili avverse?
Con tale terminologia si intende qualsiasi delle seguenti esperienze vissute all’interno del contesto famigliare prima dei 18 anni:
Le esperienze sfavorevoli infantili sono associate al 44% delle psicopatologie durante lo sviluppo e al 30% negli adulti e sono le cause più frequenti di disturbi psicologici a tutte le età (Archives of Psychiatry, 2010).
Le ripercussioni, come abbiamo visto non sono soltanto sul piano psicologico. I bambini che vivono esperienze traumatiche del genere, infatti, sono più soggetti allo sviluppo di patologie croniche come il diabete, la pressione alta, o anche a ictus e infarti (Proceedings of the National Academy of Sciences, 2013).
Ma purtroppo non è tutto. L’esposizione ad eventi stressanti in età precoce rende il cervello meno resistente agli effetti degli eventi stressanti successivi, nel corso della vita. Questo fenomeno ha delle precise basi fisiologiche. Un bambino ha meno risorse di un adulto per fare fronte alle esperienze stressanti. Pertanto queste, specialmente se legate al contesto familiare o dei pari, non sono gestibili da parte del bambino e diventano croniche. Se lo stress è cronico, esso produce livelli tossici di neurotrasmettitori che uccidono le cellule del cervello, in modo particolare nell’ippocampo, area deputata all’apprendimento, alla memoria e alle emozioni. Nel cervello dei giovani adulti maltrattati o trascurati durante l’infanzia è possibile osservare cambiamenti strutturali specifici in regioni chiave sia interne sia vicine all’ippocampo. Alti livelli di ormone dello stress associati a diversi tipi di maltrattamento possono danneggiare quindi l’ippocampo che, a sua volta, può influenzare l’abilità delle persone di affrontare gli eventi stressanti nel corso della vita. Essendo danneggiate le sedi cerebrali deputate alla memoria e all’apprendimento, risulterà ancor più difficile apprendere a gestire le situazioni stressanti (presenti e future) e le emozioni ad esse connesse. Questi cambiamenti possono rendere i soggetti molto più vulnerabili all’insorgenza di depressione, ansia, PTSD e dipendenze.
L’abuso influisce anche sul sistema neuroendocrino, alterando la produzione dell’ormone regolatore dello stress cortisolo e neurotrasmettitori come adrenalina, dopamina, serotonina, che influiscono sull’umore e sul comportamento. Questi effetti riducono a lungo andare anche la funzionalità del sistema immunitario determinando gli affetti sulla salute fisica sopra menzionati.
La buona notizia è che un attento e serio lavoro sulla propria storia di esperienze infantili avverse, per mezzo della psicoterapia può avere effetti significativi nella “guarigione” dalle conseguenze negative di tale storia personale.
Purtroppo, per alcuni, l’esposizione a certe forme di maltrattamento o trascuratezza in infanzia è stata talmente continua e frequente, che tali esperienze vengono semplicemente reputate il modo “normale” di vivere l’infanzia: tali persone non sono pienamente consapevoli delle ferite subite. Gli effetti però si rendono spesso evidenti attraverso tutta una serie di sintomi e disagi psico-fisici sperimentati in diversi ambiti della vita (dai problemi relazionali, a quelli lavorativi, alle dipendenze relazionali e da sostanze, a problemi di ansia e di umore, alla difficoltà di gestire le emozioni, oltre a certe problematiche fisiche come quelle citate). Pertanto, quando si riscontrano difficoltà del genere, sarebbe opportuno rivolgersi a un professionista per valutare la presenza di esperienze traumatiche nel proprio passato. Fortunatamente oggi tecniche psicoterapeutiche avanzate, come l’EMDR (vedi articolo), permettono di rielaborare in modo funzionale le esperienze negative del presente e del passato e superarne gli effetti sulla salute psicofisica.